Intervista FIAC | Import, export e competitività Ue-Cina

Il made in Italy è in pericolo con i dazi cinesi del 18% contro il 3,2% Ue. L’export italiano è ostacolato, mentre prodotti a basso costo e scarsa qualità invadono l’Europa, creando rischi per la salute e riducendo le quote di mercato.

È una competizione ineguale quella tra i casalinghi di importazione cinese e quelli europei, i dazi sull’importazione delle pentole d’acciaio dei primi, ma anche del made in Turchia, sono al 18%, mentre quelli europei si fermano al 3,2%. Questo vale a dire che le esportazioni verso il mercato cinese sono ostacolate, ma al contrario, il mercato cinese ha potuto invadere il nostro, a discapito dei prodotti interni confinati a quote marginali.

Andrea Barazzoni, presidente Fiac, associazione federata Anima Confindustria che rappresenta i fabbricanti italiani di articoli per la casa, la tavola ed affini (posateria, coltelleria, pentolame, vasellame metallico) durante l’intervista a Firstonline, ha sottolineato come diverse differenze tra Cina ed Europa agevolino la Terra del Dragone, come ad esempio il costo di un lavoratore cinese rispetto ad uno italiano, c’è poi un’enorme differenza di tutele sulla sicurezza e un’attenzione all’ambiente diversa da parte delle fabbriche. La Cina ad esempio utilizza principalmente il carbone come fonte energetica, molto inquinante per l’ambiente, mentre l’Europa è attenta ai diritti dei lavoratori e dell’ambiente, ma dovrebbe considerare anche quello che avviene nel resto del mondo, e in questa logica considerare le differenze dei dazi.  Con dei dazi irrisori applicati alla Cina l’Europa agevola quindi l’ingresso di prodotti che non rispettano caratteristiche richiesta sul nostro territorio.

Un altro argomento affrontato dal presidente è stato la distribuzione da parte della Gd e la Gdo che privilegiano prodotti economici, ignorando quanto sia pericoloso per la salute cucinare e conservare i cibi in pentole e vasellame che possono rilasciare metalli e sostanze tossiche.

L’acciaio ad esempio nel caso in cui si utilizzi la lega 201 (costa meno ma rilascia metalli) è bene sapere che non deve essere usato in cucina nemmeno per conservare alimenti acidi. Ancora peggio per le pentole cosiddette antiaderenti: se non sono made in Italy, come accade purtroppo per la maggioranza dei prodotti in vendita nella Gd, e se costano poco, sono sempre ad alto rischio.

“L’Italia si è dotata di una normativa particolarmente rigida per tutti i casalinghi, più di quella europea che i produttori italiani devono rispettare”. Dichiara Barazzoni “Questo comporta dei costi. Per i prodotti in entrata sono necessari controlli, ad oggi insufficienti, sia perché le quantità in arrivo dall’estero sono enormi sia perché i paesi del Nord Europa, non avendo più fabbriche sul loro territorio, si sono dimostrati meno sensibili ai problemi delle aziende italiane, francesi e anche di quelle tedesche che ancora mantengono le manifatture in Europa”.

I dati che considerano l’export del made in Italy della coltelleria, posateria e articoli simili, elaborati dall’Ufficio analisi e studi di Ice mostrano per il periodo gennaio-giugno 2024 un netto rallentamento del 9,5% in valore. Dati positivi arrivano però proprio dall’export in Cina che ha registrato un +16,4%, un generale aumento in tutta l’Asia e addirittura in Africa e in alcuni paesi del centro e del Sud America. Stupisce questo trend, trattandosi di un made in Italy che per il 90% è di fascia alta e molto alta.

Secondo Barazzoni i dati indicano che “Per i paesi in via di sviluppo l’attenzione per la casa e per l’arredo di buona fattura è ancora alta, come accadeva anche da noi in Italia 20-30 anni fa. Invece ora il consumatore italiano sembra essersi abituato ai casalinghi di basso prezzo e non si rende conto che esistono quelli di qualità”.

Per quanto riguarda le esportazioni italiane negli Stati Uniti, di alcune categorie di casalinghi, sono modeste e in calo. Il presidente ha commentato che “Da tempo il mercato del Nord America è costituito da prodotti importati dalle fabbriche delocalizzate in Cina e da tanti fabbricati da aziende storiche locali”.

Sempre leggendo i dati dall’Associazione Fiac emerge che il 57,6% delle nostre esportazioni di casalinghi viene assorbito dall’ Ue, sia pure con un leggerissimo calo. Il totale delle nostre esportazioni che nel 2023 aveva registrato 560 milioni di euro, dovrebbe attestarsi intorno a questa cifra, nonostante la pesante caduta di aprile-maggio in coincidenza con l’aggravarsi delle due guerre che coinvolgono l’Europa.

Barazzoni ha sottolineato inoltre come “Il blocco degli stretti ha provocato un rialzo dei tempi e dei costi di trasporto per le aziende italiane che esportano, ma alla lunga queste interruzioni dei percorsi marittimi potrebbe favorirci. Quello che sarà molto difficile da realizzare è la ricostruzione di un tessuto industriale con le sue lavorazioni e le filiere specializzate che si basava su conoscenze e esperienze costruite nei decenni. Un tessuto che si è perso purtroppo”. L’Italia vantava, prima delle delocalizzazioni, grandi primati nella produzione e delle esportazioni degli articoli casalinghi, comprese le ceramiche e le porcellane per la cucina e la tavola.

 

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