La diffusione in tutto il mondo del nuovo coronavirus ha causato una emergenza sanitaria gravissima e una crisi economica che non ha precedenti nella storia moderna. In molti paesi per contenere la pandemia è stato necessario limitare le libertà personali di movimento e di interazione sociale, sospendere la didattica in presenza nelle scuole e nelle università, chiudere temporaneamente molte attività produttive. Le ripercussioni sulla crescita globale sono severe.
Già nella prima metà di aprile il Fondo monetario internazionale anticipava una caduta del PIL mondiale del 3 per cento nel 2020, contro un aumento della stessa misura previsto in gennaio. All’inizio di questo mese, la Banca mondiale stimava un calo del 5,2 per cento. La scorsa settimana l’OCSE ha diffuso scenari che indicano una discesa del 6,0 per cento nelle ipotesi meno sfavorevoli e del 7,6 per cento qualora si presentasse una nuova ondata di contagi. È stato calcolato che, quest’anno, si registrerà a livello globale la più diffusa diminuzione del reddito in termini pro capite dal 1870.
Per l’Italia, nelle previsioni pubblicate il 5 giugno nell’ambito dell’esercizio coordinato condotto dall’Eurosistema, abbiamo effettuato un’analisi di scenario, basata su ipotesi alternative in merito alla durata e all’estensione dell’epidemia, alle sue ricadute sull’economia globale e alle sue ripercussioni finanziarie. Lo scenario di base prefigura un calo del PIL del 9,2 per cento; in un secondo scenario basato su ipotesi più pessimiste, coerenti, tra l’altro, con la necessità di contrastare possibili nuovi focolai, la diminuzione del PIL sarebbe del 13,1 per cento.
Tutti gli scenari suggeriscono che la caduta del PIL, sia per l’Italia sia a livello globale, sarebbe concentrata – e per la maggior parte già realizzata – nella prima metà di quest’anno. Sulla rapidità e sull’intensità della successiva ripresa e, in generale, sulle prospettive per il prossimo biennio grava, tuttavia, un’incertezza molto elevata.
Il centro studi della federazione Anima, ha svolto durante questi mesi diverse rilevazioni, in particolar modo, si è focalizzato sull’analisi della crisi, in diversi momenti, il primo a fine febbraio, dove il calo del fatturato e la percezione della crisi non era così forte, infatti in questa rilevazione il settore della meccanica, viaggiava a velocità differenti, anzi vi erano settori che non avevano sofferto ancora un netto calo dei fatturati e degli ordini, e ritenevano che la crisi avrebbe causato un calo medio intorno al 5 per cento, che poteva essere recuperato nel corso dell’anno.
La decisione del Governo, in particolare la modifica dell'Allegato 1 del Dpcm 22 marzo, hanno escluso in larga parte le aziende della meccanica varia, che rappresenta un settore trainante per l'economia italiana. Circa nove aziende su dieci del comparto sono state infatti costrette a chiudere.
Le conseguenze sono state un peggioramento delle aspettative, infatti le rilevazioni successive, tenute nei mesi di aprile e maggio, hanno registrato dapprima una previsione di perdita di fatturato pari al 20 per cento in meno e successivamente una perdita del 15 per cento in meno.
I dati elaborati dall'Ufficio Studi Anima rivelano che, per le aziende della meccanica associate ad Anima Confindustria, il fatturato a rischio, sia per l'impossibilità di avviare nuove commesse sia per i ritardi e/o le disdette degli ordinativi, si può considerare pari a circa 180 milioni di euro al giorno. Per ogni giorno di lockdown sarebbero inoltre a rischio ben 900 posti di lavoro, ovvero l'equivalente di una media azienda che chiude ogni 24 ore. Nel solo periodo di lockdown dal 23 marzo al 3 aprile si sarebbe così concretizzato un mancato fatturato per 1,8 miliardi di euro con il rischio di veder scomparire ben 9.000 posti di lavoro.
Considerando il settore della meccanica italiana rappresentato da Anima nel suo complesso, il fatturato messo in gioco è di ben 900 milioni di euro al giorno, con il rischio di perdere ben 4.500 posti di lavoro per ogni giorno di chiusura. Nei soli dieci giorni lavorativi di lockdown il volume di fatturato a rischio è pari a 9 miliardi di euro e 45.000 persone potrebbero vedere compromessa l'esistenza del posto di lavoro.
Il settore della meccanica ha quindi sofferto il periodo di lockdown, poiché molti settori costretti a fermarsi, hanno subìto la concorrenza dei competitor stranieri per i quali lo stop è stato meno severo, se non del tutto assente, perdendo così quote di mercato che si spera possano essere recuperate nel breve o nel medio periodo.