- Recentemente si parla molto di ibridi e idrogeno. Ci può dire la sua a riguardo?
Il concetto di sistema ibrido è stato presentato da Baxi nel lontano 2010. Quando si inizia un percorso con un nuovo mix di tecnologie sorgono sempre dubbi e sospetti, ma dopo dieci anni possiamo dire che si tratta ormai di una tecnologia conosciuta, consolidata e apprezzata. Gli ibridi non rappresentano una soluzione universale ma hanno dei vantaggi sia rispetto alle caldaie a condensazione che rispetto alle pompe di calore. Possiamo citarne alcuni: combinano l’alto rendimento delle pompe di calore con la continuità di servizio assicurata dalla caldaia, ad esempio durante gli inverni più rigidi; sono una soluzione ottimale in caso di ristrutturazioni con elementi radianti che richiedono alte temperature e infine il buon rapporto/qualità prezzo in relazione al vettore energetico. Se poi parliamo di ibridi associati all’energia rinnovabile, ancora meglio.
Ultimamente si parla molto di idrogeno, una soluzione che si sposa bene anche con il mondo delle caldaie e dei sistemi ibridi. Lo studio della prima caldaia a idrogeno risale al 2016: momento in cui si è capito che dipendere da un’unica politica energetica è rischioso. Non c’è solo l’elettrico, vanno presi in considerazione anche i green gas e l’idrogeno, e non soltanto nel settore del riscaldamento, ma anche per esempio nel settore dei trasporti. L’idrogeno sconta ancora costi importanti, che potrebbero essere abbattuti solo con una massificazione dei consumi. Per questo abbiamo bisogno di associarci anche ad altri settori, collaborando con altre associazioni. In altri paesi europei il “fattore H” sta diventando una realtà sia a livello legislativo che in termini di investimenti. Vogliamo che anche in Italia questo tema venga portato avanti in maniera coesa da tutti i settori interessati. Le emissioni di CO2 e CO pari a zero rendono l’idrogeno vincente, non perdiamo questa occasione.
- I temi della sostenibilità, intesa anche come rispetto per l’ambiente, sono sempre più attuali. È possibile secondo lei conciliare questi temi con la crescita economica, mantenendo la competitività?
Si, anche se si deve necessariamente passare da un acculturamento di tutta la filiera, dai produttori, agli installatori, il mondo della politica fino a toccare i consumatori. La sensibilità su questo tema deve essere trasmessa a tutti, bisogna lavorare molto sulla comunicazione. L’incentivo è la forma di aiuto più immediata, ma non basta. Sviluppo e crescita non sono sinonimi ma sono parte integrante l’uno dell’altra.
- A proposito di incentivi, quanto è merito della legislazione e quanto invece influiscono altre dinamiche in questa transizione energetica?
Recentemente abbiamo assistito a un rilancio dell’Ecobonus, grazie soprattutto alla cessione del credito. C’è stata un’impennata soprattutto nel mondo delle rinnovabili: pompe di calore, ibridi e caldaie a condensazione. Se il mercato è indicativo di questo trend, la crescita importante di fine 2020 è dovuta al traino degli incentivi. Senza incentivi spesso non c’è il salto tecnologico e di qualità, che porta beneficio nell’efficientare tutta la filiera.
Gli incentivi non sono l’unico strumento ma hanno un ruolo importante: anche con riferimento all’idrogeno bisognerà iniziare a pensare a forme di incentivazione adeguate.